Reload dal 5 novembre 2012.
Scrisse Bill Simon nelle note di copertina originali di questo disco (1956): «Grazie alla sua padronanza del corno, Julius Watkins può ben sostenere di aver aggiunto una voce nuova al jazz moderno».
Non andò proprio così. Il corno avrebbe bensì trovato posto come strumento di sezione nelle compagini più estese. Gil Evans aveva cominciato ad adoperarlo già negli anni Quaranta per l’orchestra di Claude Thornhill, e non avrebbe mai smesso d’impiegarlo in seguito; lo si ritrova spesso nelle partiture di Quincy Jones e altri arrangiatori dagli anni Cinquanta in poi. È un colore essenziale, fra l’altro, dell’orchestra arrangiata da Eric Dolphy per «Africa/Brass» di Coltrane.
Ma il corno era troppo ingrato per affermarsi veramente come strumento solista, anche nelle mani talentuose di un Julius Watkins (senz’altro il cornista numero uno nel jazz) o, oggi, di un Tom Varner: il suono, alonato e distante e per ciò tanto amato dai compositori del Romanticismo, manca del punch richiesto dalla maggior parte del jazz moderno, l’intonazione è per meccanica dello strumento difettiva e le agilità, per queste due ragioni, restano problematiche.
Ciò non toglie che Watkins (1921-1977) fosse un fior di musicista, impiegato in un paio di occasioni discografiche da Monk e una volta anche da Hampton Hawes. Il principale progetto musicale a suo nome è il quintetto dei Jazz Modes, co-diretto per pochi anni e con scarsa fortuna con Charlie Rouse. La mezza dozzina di dischi che il complesso ha lasciato è interessante anche se non memorabile (di memorabili ci sono tutti gli assoli di Watkins e molti di Rouse); si tratta di musica elegante, quando non cede al lezioso, ed eseguita benissimo, ma che a tratti richiama il jazz californiano di pochi anni prima senza averne il relax. È comunque bello il brio di una Dancing in the Dark più veloce del consueto e in cui il timbro diffuso e indistinto del corno è messo a ottimo profitto contro quello astringente del tenore di Rouse.
Fra i meriti di questi dischi c’è anche quello di proporre Gildo Mahones, uno degli ultimi pianisti di Lester Young, qui sopra già sentito con Bennie Green e con Charlie Rouse, che contribuisce anche con alcune elaborate composizioni.
Dancing in the Dark (Schwartz-Dietz), da «The Complete Jazz Modes Sessions», Solar Records 456991. Julius Watkins, corno; Charlie Rouse, sax tenore; Gildo Mahones, piano; Paul West, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrato nel giugno 1956.
Stallion (Mahones), ib. Watkins, Rouse, Mahones; Paul Chambers, contrabbasso; Ron Jefferson, batteria. Registrato il 12 giugno 1956.
6 commenti:
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Manutenzione… dicono loro.
corno nebbioso, sax acido. meglio il sax...
Beh, è sempre interessante osservare, ascoltare in questo caso, una cosa diventare qualcos'altro. Qui il corno vorrebbe essere tanto una tromba, e in questo sforzo c'è della poesia, secondo me.
Sì, è il fascino della sfida, come dicevo tempo fa parlando di un altro cornista.
cornisti incornati invece che incoronati...
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