Da qui a un paio di settimane spero non ti dispiacerà ascoltare un (bel) po’ di Bill Evans.
Gli è che devo ripassarlo per un certo lavoro che sto facendo, e allora condivido. Ma se ti invece ti dovesse dispiacere, rivolgiti con serenità a un altro qualsiasi dei tanti blog che, in lingua italiana, pubblicano ogni giorno un pezzo di jazz di alta qualità e di scelta non banale, commentato con discreta competenza storica e musicale in una prosa che, anche nel peggiore dei casi, è corretta e decorosa.Va’, va’ pure. Poi magari fammi sapere com’è andata, eh.
Qui Bill ripensa, ri-arrangia e poi, effettivamente, non suona Dancing in the Dark, suona qualcos’altro, con delle armonie più malmostose e voicing intimidatorî. Già dalla intro del resto si capiva che era di un umore fantastico quel giorno; e dall’insolita, per lui, volata fra tema e primo chorus improvvisato (1:00-1:03), si capisce anche che fosse piuttosto impaziente con il materiale, o forse con qualcuno presente nello studio: al posto di un ceffone, dalla mano destra gli sono sfuggite due battute di sedicesimi rotondi e sodi come pallini di schioppo. Credo che non gli succedesse da anni, eccezion fatta per il «mostruoso» disco in sovraincisione di quello stesso 1963, uno dei dischi di jazz con più note che io ricordi.
Alla batteria, come due anni prima, c’è Motian; Peacock lafareggia come meglio può.
Dancing in the Dark (Schwartz-Dietz), da «Trio ’64», Verve 815 057-2. Bill Evans, piano; Gary Peacock, contrabbasso; Paul Motian, batteria. Registrato il 18 dicembre 1963.
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