Non è facile immaginare oggi che effetto dovesse avere sulle orecchie del 1973 «Open, To Love» di Paul Bley, perché la sua influenza su molto jazz successivo, soprattutto bianco ed europeo, è stata così pervasiva e insieme subliminare da rendere strano pensare che, prima che Bley la suonasse, una musica del genere non ci fosse. È questo disco ad aver tracciato le linee programmatiche dell’etichetta tedesca ECM di Manfred Eicher, nel bene e nel male una delle più importanti degli ultimi quarant’anni.
Cresciuto su radici profonde nel blues, nel modernismo di Bud Powell e di Bill Evans e nutrito di una linfa ritmica senz’altro jazzistica, il pianismo-albero di Bley innalza e allarga i rami toccando l’impressionismo e il puntillismo e annuncia – aveva cominciato a farlo anni prima – la musica di Keith Jarrett in molti suoi caratteri peculiari. La dimensione del silenzio, le microdinamiche acquistano in «Open, To Love» un valore strutturale; nella lunghezza estenuata delle pause e dei valori e nel rilievo che vi assumono ogni singola nota e rumore (in Open, To Love si sente Bley agire direttamente sulle corde e cantare; non mugolare à la Jarrett, cantare proprio, anche se sottovoce), la musica vive in un eterno presente in cui diresti che qualunque cosa possa succedere.
Questa apertura, annunciata dal titolo, la sottrae a un’epoca e a uno stile precisi ma anche alle tentazioni del sentimento squisito, dell’edonismo sonoro, non evitate invece da tanto jazz derivativo, in specie europeo. È musica che, presentandosi con lo stigma della contemplazione, risulta infine personale come poche; per questo non sembra fuori luogo osservare come, di sette pezzi del disco, cinque siano composizioni di due ex-mogli di Bley, Carla Bley (nata Borg) e Annette Peacock.
A dimostrare l’influsso e i rischi di quell’estetica, faccio seguire un’esecuzione dello stesso pezzo della Peacock data un quarto di secolo dopo da Marilyn Crispell con due collaboratori di Bley.
Open, To Love (A. Peacock), da «Open, To Love», ECM 1023. Paul Bley, piano. Registrato nel settembre 1972.
Open, To Love, da «Nothing Ever Was, Anyway: Music of Annette Peacock», ECM. Marilyn Crispell, piano; Gary Peacock, contrabbasso; Paul Motian, batteria. Registrato nel settembre 1996.
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2 commenti:
Avevo comprato il disco dopo una sua esibizione in solo (ospite a sorpresa) a un festival dell'Unità al Castello, in un tendone sotto una pioggia battente.
Suonò un blues raffinato ed intenso (ed obliquo). Il disco non mi rese assolutamente quel momento bellissimo e rimase un oggetto per me misterioso. E continua ad esserlo ancora adesso.
Ovviamente la rispettosa rilettura della Cripsell non mi aiuta a capirlo (ed amarlo) di più.
È uno dei miei dischi di pianoforte preferiti, fin dalla prima volta che l'ho sentito, moltissimi anni fa (quello di Bley, non quello della Crispell, sul quale ho dormicchiato).
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