Uno dei dischi più importanti del jazz, «Pithecanthropus Erectus» di Charles Mingus segnò la prima apparizione dell’improvvisazione collettiva dai tempi di New Orleans e il primo e riuscito tentativo di Mingus di allontanarsi dalla forma-chorus: la seconda sezione del tema non ha, come la prima, 16 né altro numero regolare di battute, ma procede ad libitum fino a segnale stabilito. I due fiati furono a disagio e, di fatto, rimasero scontenti dell’esperienza, a cui nulla nella loro precedente carriera li aveva preparati: e questo benché non fossero Pippo e Pertica, ma Jackie McLean e JR Monterose, quest’ultimo un tenorsaxofonista poco noto ma brillantissimo, che non si sarebbe quasi più sentito in seguito.
L’esecuzione presentò infatti ai due difficoltà di genere nuovo, da cambi repentini di metro ad improvvisi accelerandi e decelerandi, all’espressa richiesta di Mingus di suonare «out» e rumoristicamente nella sezione a lunghezza indeterminata. Mingus, inoltre, per la prima volta in questa seduta insistette per insegnare ai musicisti la musica per via orale, senza uso di spartito.
Pithecanthropus Erectus (Mingus), da «Pithecanthropus Erectus», Atlantic 8122-75357-2. Jackie McLean, sax alto; JR Monterose, sax tenore; Mal Waldron, piano; Charles Mingus, contrabbasso; Willie Jones, batteria. Registrato il 30 gennaio 1956.
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4 commenti:
uno dei primi dischi di jazz che io abbia mai ascoltato.
dopo un impatto del genere, o mi innamoravo o scappavo.
non doveva essere facile suonare con Mingus...
Ci si poteva ritenere fortunati se non si veniva minacciati di morte (Clarence Shaw, Bobby Jones) o direttamente percossi (Jimmy Knepper).
il padre di un mio amico mi raccontò di aver visto una volta Mingus durante le prove di un concerto, con non ricordo più quale batterista (forse Elvin Jones?).
in un brano, il batterista sbagliò qualcosa, quindi Mingus si girò caricando già il pugno, e si trovò davanti un coltello a serramanico. i due si guardarono per un attimo, poi Mingus riprese a suonare, come se nulla fosse successo.
invece Stefano Bollani mi disse che aveva sentito da qualcuno che una volta Mingus aveva suonato al Music Inn e che, dopo il concerto, Pepito Pignatelli stava contando i soldi per pagarlo. solo che Mingus quella sera aveva la luna storta e continuava a insultarlo, accusandolo di volerlo truffare.
a un certo punto, Pignatelli smise di contare i soldi, lo guardò e, con tutto il suo aplomb principesco, lo mandò elegantemente a fanculo. Mingus, colpito che qualcuno osasse tenergli testa, lo abbracciò, prese i soldi e non fece più storie.
(comunque, l'aneddotica mingusiana è pressoché infinita.)
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