Reload dal 4 ottobre 2014.
Coincidentalmente all’arrivo di Cedar Walton, sul finire del 1961, e poi di Freddie Hubbard, i Jazz Messengers avrebbero visto accendersi e divampare la fantasia compositiva di Wayne Shorter e avrebbero così conferito all’hard bop, nel momento dell’apogeo di quello stile, un colore inconfondibile, una forma aerodinamica che lo tendeva verso il futuro senza fargli mai assumere i connotati dell’avant-garde.
Qui, un attimo prima, con il bravissimo ma non avventuroso Bobby Timmons al piano e Lee Morgan, un Giano bifronte, la formazione è ancora «tradizionale» e così piena di succhi vitali, di forza muscolare esplosiva, di testosterone e di gioia irrequieta e pericolosa da risultare turgida, sovraccarica, «bursting at the seams» per usare una bella espressione inglese che suggerisce qualcosa di così florido e incontenibile da far saltare le commessure dell’involucro o indumento o tegumento che si sforzi di contenerla e di proteggerla. Altro che i cinque punti esclamativi del titolo, davvero.
I Hear A Rhapsody (Fragos-Baker-Gasparre), da «Art Blakey!!!!! Jazz Messengers!!!!!», Impulse A-7. Lee Morgan, tromba; Curtis Fuller, trombone; Wayne Shorter, sax tenore; Bobby Timmons, piano; Jymie Merritt, contrabbasso; Art Blakey, batteria. Registrato il 13 giugno 1961.
Circus (Alter-Russell), id.
2 commenti:
Circus, una hit del 1949, qui nell’esecuzione originale di un cantante, Bill Farrell, che sembra un po’ la parodia di Billy Eckstine, che a sua volta sembrava la parodia di qualche cosa.
Billy Eckstine era la parodia di se stesso.
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