Con un disco così è facile e difficile al tempo stesso scegliere; poi, alla fine, è facile, perché le esecuzioni sono una più bella dell’altra. Non dico niente di Webster e Rowles, di cui ho detto tanto qui sopra negli anni (compulsa se vuoi la «nuvola» qui a destra) e neanche di Red Mitchell, sul quale mi sono diffuso or non è molto.
Invece non ho mai parlato di Bill Harris (1916-1973), ma anche qui non dovrebbe essercene bisogno. Colonna dei tromboni di Woody Herman e poi del Jazz at the Philarmonic, è di quei jazzisti di una volta che, come del resto Ben Webster, si esprimevano con la pura sonorità e e la pronuncia ritmica prima ancora che con il fraseggio, sonorità che in lui era calda e riusciva a essere in una morbida e rasposa, «sensuale» fino all’impudicizia e seme generatore di uno swing potente.
Gli eccessi sudoripari in cui poteva incorrere sono qui contenuti da una sezione ritmica astringente ma eloquente.
Nell’head di Just One More Chance ti sembra che Harris e Webster stiano un po’ facendo la caricatura di se stessi? Non ti sbagli, ascolta il siparietto fra il primo e il secondo chorus.
It might As Well Be Spring (Mac Donald), da «Bill Harris And Friends», [Fantasy] OJC-083. Bill Harris, trombone; Jimmy Rowles, piano; Red Mitchell, contrabbasso; Stan Levey, batteria. Registrato nel 1957.
Just One More Chance (Coslow-Johnston), ib. più Ben Webster, sax tenore.
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