Rinunciare al contrabbasso o a un altro strumento basso in una musica che, per quanto eclettica nel linguaggio e nell’ispirazione, abbia un indirizzo espressivo marcatamente jazzistico, è secondo me correre un rischio, fare una specie di scommessa in cui c’è sicuramente da perdere (in tenuta e interesse ritmico, in coesione, in possibilità armoniche e contrappuntistiche e di colore) e non si vede bene che cosa ci sia da vincere; io, almeno, non lo vedo.
L’ho pensato ascoltando altri complessi senza il contrabbasso e l’ho pensato più di una volta anche con questo bel quartetto, intento a vivaci, colorite, molto impegnative composizioni del leader e tenorista Quinsin Nachoff, canadese residente a NY, nato nel 1973.
Insomma, la mia impressione è che spesso – ma non sempre; non, p.e., nel secondo pezzo che ti presento – manchi qualche cosa, anche se il bravissimo pianista-tastierista Mitchell si prodiga, e non colgo bene il senso della rinuncia, ma sarà colpa mia. Che quella mancanza, quel vuoto che sento siano voluti e trovati per lasciare in rilievo altri livelli del testo?
Come per Kamasi Washington, mi sono proposto di riascoltare una volta o l’altra questa musica per casomai scriverne ancora. Ecco, appunto: Kamasi Washington ieri, oggi questo, due immagini del jazz di oggi molto disformi fra loro, che fatico a mettere a fuoco.
Tightrope (Nachoff), da «Flux», Mythology. David Binney, sax alto; Quensin Nachoff, sax tenore; Matt Mitchell, piano, sintetizzatore; Kenny Wollesen, batteria. Registrato il 5 febbraio 2012.
Complimentary Opposites (Nachoff), id. ma Mitchell suona il piano elettrico Wurlitzer.
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3 commenti:
Il basso crea un flusso continuo di musica, legando assieme segmenti anche diversi, restituendo una fluidità all'esecuzione che forse qui non era richiesta. Forse c'era un interesse ad evidenziare una certa frantumazione di linguaggio, oppure avevano ol bassista malato...
Eppure tutto quello spazio là sotto a volte è congeniale. Ne parlavo anche con un bravissimo clarinettista parlando del disco in trio di Fred Hersch "Thirteen Ways".
Sì, infatti; cerco di trovare un certo genere di equilibrio ma quella musica ha un equilibrio diverso. È colpa mia che non ascolto abbastanza jazz contemporaneo, credo.
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