Il quartetto suona il blues; lo fa a modo suo, ma io non saprei come altro definire il linguaggio di questo pezzo, datone l’impianto latu sensu modale, i profili melodici, la sequenza armonica allusa e a momenti esplicita anche se priva della ricorsività del chorus, la pronuncia ritmica e strumentale così vocalizzata (con l’ovvia, rilevatissima eccezione dei sintetizzatori di Richard Teitelbaum, presenti quasi pietra del paragone), la pulsazione ritmica ondivaga ma costante e, di contro a un’astrattezza apparente, l’espressività franca e terragna. The blues before it happens, forse, sospeso, diffuso e carico di elettricità come una nuvola temporalesca.
Sei invitato – ma c’è bisogno di dirlo? – a esprimere con uguale apertura e franchezza la tua opinione. A me questo Blues piace molto.
Il pezzo, registrato in Italia nel 1979, è dedicato da George Lewis a «Muhal» Richard Abrams, pianista, compositore, insegnante e una delle figure più rappresentative dell’associazione AACM di Chicago, di cui Lewis fa parte e della quale ha anche scritto la storia.
Cenno autobiografico: George Lewis era, se non nel primo, nel secondo concerto jazz che io abbia mai sentito e visto, del giugno 1977 al teatro Lirico di Milano, lo stesso teatro che oggi, morto da una quindicina d’anni, rassegnato si sbriciola a cento metri da Piazza del Duomo e non tanti di più dalla Scala. Lewis suonava in un quintetto di Anthony Braxton che comprendeva proprio «Muhal» Abrams, nonché Mark Helias al contrabbasso e Charles «Bobo» Shaw alla batteria. Aveva venticinque anni ma sembrava un ragazzo, e a un certo punto si accollò anche un monumentale sousaphone.
Grazie a Inconstant Sol ecco qui un frammento cospicuo di quell’esibizione che nella mia memoria, tieni conto che avevo da poco compiuto tredici anni, ha una dimensione leggendaria e prima di tutto immensamente emotiva, e dico «immensamente» a ragion veduta. Il frammento è stupendo (peccato non contenga un assolo di George Lewis) e fra quegli applausi ci sono i miei.
Blues (George Lewis), da «Homage To Charles Parker», Black Saint 120 029-2. George Lewis, trombone; Douglas Ewart, clarinetto basso; Anthony Davis, piano; Richard Teitelbaum, Polymoog, Multimoog e Micromoog. Registrato nel 1979.
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14 commenti:
Molto bello davvero. Solo per curiosità: il titolo esatto è "Homage To Charles Parker" - che poi era il suo vero nome. Al contrario, quando lo chiamavano Charlie, Mingus s'incazzava di brutto! (E ci sono anche copertine con su scritto Charlie Mingus).
Giusto, correggo subito.
Ricordo anch'io il concerto al Lirico che mi lasciò di sasso (positivamente). Gli pronosticai una carriera fulgida che poi non ebbe.
(la tua sparizione su FB ha creato qualche perplessità. Mi hanno chiesto come rintracciarti ed io li ho rinviate qui).
Grazie, segretario :-) (sono sorpreso che dopo due mesi ci sia ancora chi si ricorda di me su FB!)
Così c'eri anche tu quella sera! Era un piccolo festivale dell'avanguardia, io ero lì con due amici più grandi. Ti ricordi se fu quella stessa sera che suonò anche un trio di Steve Lacy?
Gli pronosticai una carriera fulgida che poi non ebbe.
Un trombonista straordinario. Non ha avuto un'ampia carriera come 'performer' perché come sai ha seguito altri interessi, principalmente la composizione, l'informatica musicale e anche la scrittura saggistica (il libro sull'AACM è molto bello).
Steve Lacy a memoria direi di no, ma non mi fido...
Ragazzo prodigio
In grado di reggere
gli attacchi di un alieno
come Braxton,
sei esploso inatteso,
nella tua bravura
cristallina.
E da buon ragazzo prodigio
non hai mantenuto
tutte le promesse.
una volta che Max Gordon, il proprietario del Village Vanguard, aveva fatto scrivere sulle locandine "Charlie Mingus", lui per ripicca scardinò la porta del locale.
(pare che poi se la sia portata via una spettatrice)
Ragazzo prodigio
(…)
non hai mantenuto
tutte le promesse.
Sembra tuttavia che Lewis non si promettesse niente di molto diverso da quello che poi ha fatto, a sentire l'intervista che linko nel post.
uno degli aspetti odiosi del mio lavoro, è che non posso ascoltare i brani che posti... sigh...
Venerdì, aspetta venerdì!
Ah ah... figurati! A casa li ascolto!
Non riesco con il pc aziendale, opportunamente blindato.
opportunamente blindato
La fiducia nell'umanità delle assicurazioni la dice lunghissima…
Avessi il potere, da questo punto di vista sarei dittatoriale, credimi...
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