1943, V disc. Siamo in un momento crepuscolare del jazz, dove si tenga presente che «crepuscolo» si applica così al tramonto come all’aurora. È il momento linguisticamente ed espressivamente più compiuto del jazz classico, per avventura parallelo all’apogeo della c.d. Swing Era, appena prima dell’impatto dei musicisti del bebop, che in quell’ambiente musicale si erano formati.
Di Teddy Wilson si è detto e ancora si dirà su Jazz nel pomeriggio. Qui goditi Joe Thomas, interprete squisito, e soprattutto Edmond Hall, di cui non sono certo di averti mai parlato prima. Originario dei dintorni di New Orleans, dov’era nato nel 1901 (come Louis Armstrong), Hall è uno di quei musicisti stilisticamente senza tempo. Suonava uno strumento arcaico, con la meccanica Albert, su cui sviluppava un volume e una varietà timbrica insolite; è evidente come Tony Scott dovette averlo ascoltato.
Curiosità: le note di copertina nominano un Johnny Williams al contrabbasso, ma io, anche aguzzando le orecchie, il contrabbasso qui non lo sento. Va detto che, con i pianisti di quell’epoca e con le loro mani sinistre, del contrabbasso si poteva anche fare a meno. Alla batteria siede Sid Catlett. I suoi assoli, qui, non saranno roba di cui scrivere a casa, ma gli accompagnamenti sono di sensibilità meravigliosa.
How High The Moon (Hamilton-Lewis), da «The Complete All Star Sextette & V-Disc Session», Vintage Jazz Classica VJC-1013-2. Joe Thomas, tromba; Edmond Hall, clarinetto; Teddy Wilson, piano; Big Sid Catlett, batteria. Registrato il 13 agsto 1943.
Russian Lullaby (Berlin), id.
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1 commento:
è un po' come l'uovo e la gallina: è stato l'arrivo del basso ad alleggerire la mano sinistra dei pianisti oppure il basso è arrivato a coprire i buchi lasciati dai nuovi pianisti?
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