Sonny Stitt (ne abbiamo già parlato anche qui sopra) che cos’era? Un originale che aveva attinto uno stile e una sonorità quasi in tutto simili a quelli di Charlie Parker, indipendentemente da lui e simultaneamente, ma, per sua malasorte, senza poterli esibire per tempo nelle occasioni giuste? Sembra ben strano, ma ricordo le parole di uno che se ne intendeva, Frank Wess, a proposito della somiglianza del giovane Parker con un oscuro saxofonista di Filadelfia, tale Oswald Gibson: «la musica, dovunque si trovi, progredisce più o meno di pari passo, per cui capita che le stesse cose succedano in tante città diverse simultaneamente. In alcune, le cose quagliano prima che in altre».
Oppure Stitt era, semplicemente, il più dotato epigono di Bird? Se la prima ipotesi sembra delle più improbabili, la seconda farebbe di lui un unicum non meno: l’imitatore per certi versi più perfetto del modello, altrettanto convinto e persuasivo. E comunque benissimo distinguibile da lui. E quindi, forse, neanche un imitatore.
Conclusione: boh! Qui, a rendere il mistero più misterioso, ti faccio sentire Stitt in due pezzi che sono praticamente altrettanti sinonimi di Charlie Parker.
Lover Man (Sherman-Ramirez), da «Burnin’», Argo LP-661. Sonny Stitt, sax alto; Barry Harris, piano; William Austin, contrabbasso; Frank Gant, batteria. Registrato il primo agosto 1958.
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KoKo (Parker), id.
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