Lascio ancora per due o tre giorni la redazione di Jnp ma la pubblicazione delle musiche continuerà quotidiana. Agli eventuali commenti risponderò al mio ritorno. Ciao.
Di Jimmy Woods ti ho parlato con tutto il mio entusiasmo poche settimane fa, presentandotelo prima come comprimario di Joe Gordon e poi nel primo disco a suo nome.
Devo dire che il suo secondo e ultimo disco, «Conflict», non mi sembra manterere in pieno quelle promesse, e ciò a dispetto di un line-up che parla da solo. Il fatto è che il disco si compone tutto di composizioni di Woods e a me non pare che quel talento sia in lui pari a quello del saxofonista.
Chiarisco: si tratta di pezzi gradevoli, marcati da un senso spiccato della melodia e del blues, con una preferenza per i tempi di 3/4 o di 6/8, ma che in un disco uscito nel 1963 suonano vieux jeu se non proprio risaputi: mi hanno un po’ ricordato le composizioni e gli arrangiamenti che quasi dieci anni prima Richie Powell scriveva per il quintetto di Max Roach e Clifford Brown (anche lì c’era Harold Land, fra l’altro). Questo risalta vieppiù accanto allo stile strumentale non certo arcaico del leader, di Elvin Jones e soprattutto di Andrew Hill, nel 1963 ancora una figura relativamente nuova. Qui, pur sembrando quasi un pesce fuor d’acqua, Hill fornisce alcuni spunti d’interesse, principalmente nei suoi accompagnamenti volutamente sommarî e non interattivi, mentre in assolo è possibile notare nel suo pianismo l’eco inattesa di Lennie Tristano.
Direi che Woods e Hill risultino un po’ staccati dal resto della front line (Carmell Jones e Land sembrano per tutta la seduta più a loro agio del leader stesso) ed eccentrici rispetto alle composizioni, in particolare quando – questo tratto stilistico li unisce – fraseggiano in periodi irregolari, che non cominciano e non finiscono dove si penserebbe e che, sommati alla poliritmìa di un Elvin Jones con le redini sul collo, rischierebbero di mandare l’esecuzione a carte quarantotto se non ci fosse George Tucker a tenerla insieme (è solo un’impressione, s’intende).
Insomma, ritengo che nel complesso il disco patisca alcuni problemi caratteriali di Jimmy Woods, che come sappiamo si ritirò prestissimo dalla musica, problemi che le note di copertina mettono in chiaro: a petto di una grande consapevolezza culturale e capacità analitica, una scarsa sicurezza nei propri mezzi (vorrà dire qualcosa che due alternate take presenti nella riedizione in CD portino i numeri 43 e 39) e una certa ambivalenza verso i materiali della musica, rappresentata dalla scissione fra il saxofonista e il compositore e perfino dai titoli antinomici di molti pezzi del disco (Conflict, Apart Together, Pazmuerte).
Aim (Woods), da «Conflict», (Contemporary) OJCC-1954-2. Carmell Jones, tromba; Jimmy Woods, sax alto; Harold Land, sax tenore; Andrew Hill, piano; George Tucker, contrabbasso; Elvin Jones, batteria. Registrato nel marzo 1963.
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2 commenti:
Però anche nel primo disco i brani erano quasi tutti suoi (sei su otto). Questo, è vero, suona (e più ancora, forse, suonava allora) più vecchio. Ma a me pare comunque notevole (l'ho appena sentito tutto). Ho cercato di trovare da qualche parte una spiegazione qualsiasi del suo precocissimo ritiro dalla musica, a parte la scarsa sicurezza nei propri mezzi di cui tu parli, ma non l'ho trovata. Del resto, non è detto che ce ne debba per forza essere una.
Però anche nel primo disco i brani erano quasi tutti suoi (sei su otto).
È vero, ma quelli erano più felici; quando dico che la composizione non era il suo forte, intendo dire che qui, abbastanza chiaramente, si è messo a comporre i pezzi per il disco tutti in una volta, ma sembra che abbia fatto all'ultimo momento, senza ispirazione (sono molto simili uno all'altro) e senza il vero «mestiere» di chi sa scrivere la musica e anche in mancanza di tempo e di estro è capace di variare il linguaggio.
Concordo comunque che si tratti di un ottimo disco, in cui tutti suonano più che bene.
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