Ho scritto questo pezzetto, con altri simili, per una rivista che l’anno scorso ha avuto vita meno che breve, ed è stato un peccato; al che puoi imputare un certo didascalismo di norma estraneo a Jnp, che si rivolge a lettori evoluti. Absit iniuria.
Coetanei, co-discepoli di Lennie Tristano e apostoli del suo verbo, Lee Konitz e Warne Marsh nel 1955 incisero insieme in insolita front line di due sax, come nelle leggendarie matrici tristaniane del 1949, impiegando come pianista Sal Mosca, che all’epoca suonava davvero come una controfigura del Tristano di qualche anno prima. La sezione ritmica, invece, con scelta inortodossa, la vollero nera e autorevolissima, con Oscar Pettiford e Kenny Clarke, laddove Tristano, sospettoso della batteria, sceglieva di preferenza dei docili figuranti, e bianchi.
Uno dei molti luoghi comuni della chiacchiera jazzistica definisce Konitz e Marsh come i diòscuri, i Castore e Polluce del jazz, gemelli quasi indistinguibili. Questo disco confuta quell’affermazione superficiale. Da una parte, la comune provenienza dalla scuola di Tristano dà loro lo stesso gusto per la frase lunga e armonicamente capziosa, per il costante gioco metrico di spostamento degli accenti, per un’improvvisazione sugli accordi incurante dei caratteri melodici del tema, per la modesta escursione dinamica; dall’altra, e anche fatto salvo il diverso peso specifico dei due strumenti (sax alto per Konitz, tenore per Marsh), già nel 1955 Konitz si dimostrava più diretto, più comunicativo e perfino più disposto a uno swing più tradizionale, con una sonorità più inflessa. Marsh, invece, musicista non meno originale di Koniz e uno dei grandi improvvisatori del jazz, appare qui come il vero custode dell’ortodossia tristaniana, con la sua sonorità particolarissima, inattraente perfino, e le sue frasi astruse ma logiche, che rigirano e si ripiegano su se stesse come nel tentativo di provvedersi da sole un discanto o un contrappunto, eteree eppure definite e certe come forme di vetro soffiato (quello stile e quella sonorità, molti anni dopo, saranno di sorprendente ispirazione all’afroamericano Mark Turner, uno dei maggiori esponenti odierni dal sax tenore).
Qualche standard, un classico del bop (Donna Lee di Miles Davis) e alcuni temi utilitari costruiti sulle armonie di vecchie canzoni (Background Music è All Of You), secondo la tipica prassi tristaniana: sotto un’apparenza dimessa, questo disco contiene della musica austera, di grande e perfino gravoso impegno intellettuale. Konitz avrebbe continuato da lì fino a oggi per vie molto diverse. Marsh, morto nel 1987, avrebbe percorso invece fino all’ultimo quella strada, limitando la propria carriera nel nome di una devozione ascetica agli insegnamenti, per lui anche umani e filosofici, di Lennie Tristano.
There Will Never Be Another You (Warren), da «Lee Konitz With Warne Marsh», Atlantic. Lee Konitz, sax alto; Warne Marsh, sax tenore; Sal Mosca, piano; Billy Bauer, chitarra; Oscar Pettiford, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria. Registrato nel 1955.
Background Music (Marsh), id.
2 commenti:
Buon Primo Maggio!
Anche a te!
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