Ah però! Quando un compositore-arrangiatore poteva disporre come solista di Stan Getz, a quanto pare irresistibile veniva la tentazione di gettarlo in un girone di sonorità allarmanti e di armonie ispide. L’aveva fatto nel 1961 Eddie Sauter («Focus») e l’hanno fatto fa qui con meno pretese, dieci anni dopo, Francy Boland e la sua favolosa band co-diretta con Kenny Clarke, quella delle due batterie. Il titolo del pezzo parla chiaro.
Getz non batte ciglio. Manco male che, giusto a metà, l’armata ingrana la marcia funky (era il 1971, dopotutto) che a Getz va a genio, perché consuona con i suoi umori musicali del periodo. Peccato per l’estesa coda bitonale (come minimo) che non evita il temuto, da me, effetto Kenton.
Provocations (Boland), da «Change of Scenes», Verve 2304 034. Stan Getz con la Kenny Clarke-Francy Boland Big Band: Benny Bailey, Art Farmer, Rick Kiefer, Manfred Schoof, Ack Van Rooyen; tromba; Erik Van Lier, Albert Mangelsdorff, Ake Persson, trombone; Herb Geller, sax alto; Ronnie Scott, Stan Sulzmann, sax tenore; Tony Coe, clarinetto; Sahib Shihab, sax baritono; Francy Boland, piano, arrangiamento; Jean Warland, basso elettrico; Kenny Clare, Kenny Clarke, batteria; Tony Inzalaco, percussioni. Registrato il 14 giugno 1971.
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2 commenti:
L'effetto Kenton è sempre stata una grossa tentazione per le grandi orchestre.
C'è da dire che la crisi del jazz in Usa, consentiva di organizzare un pel parterre de rois.
Eh sì
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