sabato 16 ottobre 2021

I Got It Bad and That Ain’t Good – Friday the 13th (Thelonious Monk)

 Mi rendo conto che, quando si tratta di jazz, i miei entusiasmi hanno talvolta dell’infantile. Credo lo si debba al fatto che io ho cominciato ad ascoltare il jazz che ero bambino o pochissimo di più, a dodici anni, prima che m’interessassi davvero di qualsiasi altra cosa. È stato il jazz la mia porta sul mondo.

 Per Thelonious Monk ho sempre avuto una passione impetuosa, con qualche picco e nessun avallamento. Un picco alpino lo ebbi in quei tre o quattro mesi del 2011 che mi videro intento alla versione italiana di quella sua portentosa biografia a opera di Robin D.G. Kelley: la mia vita all’epoca solitaria era occupata, quando non dal lavoro, dalla musica di Monk e dal quotidiano esercizio di questo blog.

 Monk è poi stato sempre parte dei miei rari ascolti (io ascolto pochissima musica), ma in questi giorni, in corrispondenza casuale con l’anniversario della sua nascita, sto conoscendo un altro picco, su cui pianto la bandiera del mio entusiasmo incomposto e lietamente bambinesco. Del resto, a me pare che la musica di Monk, che è fra le più razionali, luminose e profonde che io conosca, tenga non poco della gioia e della sorpresa proprie dell’infanzia, e anche dei suoi disperati spaventi.

 Breve: oggi ho voluto offrirti un compendio dell’infinita varietà espressiva della musica di Thelonious Monk e ho scelto prima un’istanza del Monk più sereno e giocoso, poi un’altra, di un Monk più ispido e ossessivo, sensazione corroborata dalla presenza stranissima nel complesso del magnifico Julius Watkins che, con il corno, conferisce all’insieme una qualità sonora otherworldly.

 I Got It Bad and That Ain’t Good (Ellington), da «Thelonious Monk Plays the Music of Duke Ellington», Riverside OJC 24. Thelonious Monk, piano; Oscar Pettiford, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria. Registrato il 21 luglio 1955.

 Friday the 13th (Monk), da «Thelonious Monk, Sonny Rollins», OJCCD-059-2. Julius Watkins, corno; Sonny Rollins, sax tenore Thelonious Monk, piano; Percy Heath, contrabbasso; Willie Jones, batteria. Registrato il 13 novembre 1953.

8 commenti:

loopdimare ha detto...

Mi piace più Monk da solo o in trio che in gruppo, a meno che sia il suo di fiducia. Di solio i musicisti convocati finiscono per mostrae qualche imbarazzo per la musica da suonare e si adagiano in esercizi di routine. Salvo eccezioni.

Marco Bertoli ha detto...

Non sono d’accordo, certi cozzi nei dischi in gruppo sono stati fertili di bella musica.

Oliviero Marchesi ha detto...

Amo profondamente la sprezzatura baldassarcastiglionesca della frase "io ascolto pochissima musica".

Paolo il Lancianese ha detto...

"Perché suona accordi così strani, signor Monk?"
"Al giorno d'oggi, gli accordi facili sono difficili da trovare".
(Letta da qualche parte, trascritta in un mio quaderno di appunti ma vergognosamente senza segnare la fonte).

Anonimo ha detto...

Marco, dai! Che ascolti pochissima musica non ci crede nessuno!
Il libro di Kelley nella tua traduzione dovrebbe essere una lettura obbligata in tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Viva Monk!

ermes

Marco Bertoli ha detto...

Troppo gentile, Ermes. Ah… sarebbe graditissimo un tuo ritorno come guest poster, non appena lo volessi.

pippus ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
pippus ha detto...
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