Si chiacchierava di pianisti sul Facebook con alcuni amici del jazz (c’era l’Arienti Orsenigo, c’era il Facchi, c’era il Pasquandrea, per non citare che quelli noti a «Jazz nel pomeriggio»). Come uno faceva un nome, ne venivano fuori altri cinque di pianisti oscuri o sottovalutati. Ciascuno portava i suoi e il bello è che si constatava come ognuno dei nomi proposti, in un’enciclopedia dei pianisti jazz, sarebbe stato meritevole, se non di un capitolo, almeno di un esteso paragrafo. È così, il jazz: dal tronco della tradizione ai rametti minimi, mostra qualcosa sempre di diverso.
Comunque, gli intervenuti hanno generosamente riconosciuto che «Jazz nel pomeriggio» abbia un buon orecchio per i pianisti, anche quello mal noti. Tuttavia tanti ce n’è ancora che meritano e non si sono visti. Uno dei nomi usciti ieri con più evidenza è quello di Denny Zeitlin, chicagoano del 1938, che si affermò molto giovane sulla scena locale con i pezzi grossi del posto e poi subito come leader per la Columbia. Bill Evans, che lo influenzò molto, fu anche suo mentore e registrò più di una volta una bellissima composizione di Zeitlin, «Quiet Now».
Zeitlin, che ha anche studiato con George Russell, ha avuto una carriera variata, sempre sotto il favorevole occhio di critica e colleghi, che l’ha avvicinato alla musica elettronica e alla composizione per cinema e televisione. Psichiatra clinico e professore della materia all’UCLA a San Francisco, Zeitlin ha sempre tenuto a dire che le due discipline, per lui, sono una sola, ed ha scritto e tenuto lezioni e conferenze sulla psicologia dell’improvvisazione.
Qui lo sentiamo nel suo disco d’esordio in trio nel 1964 (lo avevamo già ascoltato come sideman di Jeremy Steig), esordio di pianista fra i più brillanti che il jazz moderno ricordi. Zeitlin è un pianista tecnicamente rifinito, «a due mani», in possesso di un ampio vocabolario musicale, capace, in assolo, di prodursi in un walking bass tristaniano (l’inizio di Blue Phoenix) e di destreggiarsi nel mainstream avanzato come nei linguaggi più aperti, che tuttavia ha sempre frequentato con parsimonia. Un musicista dall’evidente inclinazione meditativa, intellettuale, ma sempre swingante.
Sentiamo prima due pezzi suoi, che danno un’idea del suo senso della forma e della progressione, complesso ma saldo, e poi una sorprendente, molto rielaborata interpetazione di ’Round Midnight, quel caso raro in cui, poiché il pianista ha cambiato alcuni accordi di Monk, a te non viene da dire: «ma che cosa diavolo gli è saltato in mente?»
Little Children, Don’t Go Near That House (Zeitlin), da «Cathexis», Columbia COL 4677092. Denny Zeitlin, piano; Cecil McBee, contrabbasso; Freddie Waits, batteria. Registrato nel 1964.
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Blue Phoenix (Zeitlin), id.
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’Round Midnight (Monk), id.
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