Art Tatum, 3.
L‘esecuzione di My Ideal del 1956 sentita ieri, con Ben Webster, mi ha naturalmente riportato a questa del 1944, colta dal vivo nel primo dei leggendari concerti-jam di quell’anno degli «Esquire All-Stars» al Metropolitan. Qui Tatum accompagna il più prestigioso interprete di questa bella canzone, Coleman Hawkins (rinforzano l’ultima nota Roy Eldridge e Barney Bigard).
Quest’esecuzione è un classico dei classici. Voglio solo pregare che non ti sfugga l’incredibile suono di campane, o meglio di carillon, che Tatum trae dal pianoforte proprio alla fine del suo assolo (2:09-2:011).
Il presentatore che senti all’inizio è, almeno credo, Leonard Feather.
My Ideal (Robin-Whiting-Newell), da «Esquire All Stars Vol. 2», Jazz Unlimited JUCD 2017. Coleman Hawkins, sax tenore; Art Tatum, piano; Al Casey, chitarra; Oscar Pettiford, contrabbasso; Sid Catlett, batteria.
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3 commenti:
Si dice sempre della tecnica di Tatum, in termini di velocità, agilità, quantità di note e istrionismi vari. E vabbè.
Ma a me, da pianista men che mediocre, basterebbe già riuscire a riprodurre il suo suono, soltanto il suono.
Ho trovato citate in un libro - e mi piacciono molto - queste parole di Benny Green (il critico inglese, non il pianista americano): "Se Armstrong ha usurpato il ruolo degli altri solisti e Bechet quello dei trombettisti, Tatum ha usurpato il ruolo di ognuno. Lui era la sua stessa sezione ritmica, la sua stessa front-line, il suo stesso arrangiatore, e in molti dei momenti di più straordinaria inventiva anche il suo stesso compositore".
Il suono di Tatum è probabilmente la sua impresa tecnicamente più impressionante, soprattutto considerando che i pianoforti che suona nei dischi raramente erano un gran che.
Tatum compositore: mostrarlo in quella luce era precisamente lo scopo del post monstre di due giorni fa.
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