sabato 27 marzo 2021

[Guest post #73] Luigi Boledi & Duke Ellington

 Per scrivere di musica come si deve serve saper scrivere e sapere di musica; poi servirebbe sapere di un sacco di altre cose. Per scrivere di Duke Ellington nel 1933, saperne, ne dico una, di cinema, forse è poco meno che indispensabile. Luigi Boledi è uno storico del cinema di mestiere, e direi storico per disposizione naturale; conosce il jazz, ama Duke Ellington e sa scrivere, come constaterai subito. 

 Mi piacerebbe, questo pomeriggio,  aprire una pagina di Ellingtonia come si apre un grande narratore, da cui si trae godimento estetico e quasi il senso di tutta un’ esperienza culturale  anche quando la pagina aperta non è magari la sua migliore e nemmeno la più emblematica.

 Non so quanta musica abbia scritto Duke Ellington sotto il titolo di Harlem; in questo Harlem Speaks (inciso anche a Londra, circa un mese prima) i solisti che si ascoltano sono, nell’ordine,  Cootie Williams, Johnny Hodges, Freddie Jenkins, Harry Carney e Lawrence Brown ma, come fanno notare Antonio Berini e Giovanni M. Volonté  (Duke Ellington: un genio un mito, Ponte alle Grazie, Firenze, 1994), «la parte del leone è riservata a Joe Nanton», che prende un assolo con la sordina di idiomatica incisività.

 Questo quanto al godimento estetico. Ma dove sta l’esperienza culturale? Credo risieda innanzi tutto nel fatto che chiunque, aprendo questa paginetta, si rende immediatamente conto che non di pagina si tratta ma piuttosto di un’intera sceneggiatura, in cui il ruolo di ciascun attore e il découpage della chiamata in scena sono ordinati con calcolata misura.

 E poi, per riprendere la metafora cinematografica, c’è il programma, il tone parallel, in termini ellingtoniani. Che è subito avvertibilissimo, per esempio, nell’onomatopea dei suoni ferroviari.


 A questo riguardo: chissà se Ellington, in questa ed altre simili vignette sonore, era consapevole  di stare riconvertendo in musica quello che il cinema d’avanguardia, solo qualche anno prima, aveva tentato di tradurre in immagini «sinfoniche» e quindi musicali: in buona sostanza, l’esperienza eminentemente metropolitana della modernità.

Harlem Speaks (Ellington), da «The Real Duke Ellington», Sony 886912960702. Arthur Whetsol, Cootie Williams, Freddie Jenkins, tromba; Lawrence Brown, Joe «Tricky Sam» Nanton, Juan Tizol, trombone; Barney Bigard, clarinetto, sax tenore; Johnny Hodges, Otto Hardwick, sax alto; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano; Fred Guy, chitarra; Wellman Braud, contrabbasso; Sonny Greer, batteria. Registrato il 15 agosto 1933.

2 commenti:

loopdimare ha detto...

Fccio spesso fatica a parlare di Ellington perchè non resco a decidermi da che parte prenderlo. Un occhio cinematografico può aiutare forse a cambiare la visuale. Ci debbe pensare.

Marco Bertoli ha detto...

Tütt fa broeud.