venerdì 26 marzo 2021

Ghosts (Albert Ayler) (Peter Leitch)

 Prima, Albert Ayler suona Ghosts, la sua composizione più famosa, nell’indimenticabile suo primo disco per la ESP, 1964.

 Quarant’anni dopo Peter Leitch, chitarrista canadese, di proposito fraintendendolo, riporta Ghosts alle sue origini di calypso e lo suona così, come un piccolo, innocuo calypso.

 Ghosts (Ayler), da «Spiritual Unity», ESP 1002-2. Albert Ayler, sax tenore; Gary Peacock, contrabbasso; Sunny Murray, batteria. Registrato il 10 luglio 1964.

 Ghosts, da «Autobiography», Reservoir Music RSR CD179. Peter Leitch, chitarra; George Cables, piano; Dwayne Burno, contrabbasso; Steve Johns, batteria. Registrato il 24 gennaio 2004.


4 commenti:

Enrico Bettinello ha detto...

Il tema di Ghosts (al plurale in Ayler) è così semplice e universale, come molti altri temi del sassofonista di Cleveland, che può essere jingle e urlo, blues e bachiano - come insegna Gaslini in questo splendido "esercizio" che allego - e quindi secondo me il "fraintendimento" è spostato su quanto o meno si voglia capire Ayler.
Leitch qui prende il tema e ci lavora come se fosse St. Thomas o qualunque altro giro di calypso, senza capire o voler capire nulla di Ayler, quindi pochissimo interessante a mio modesto parere, perché non crea alcun legame, nemmeno per contrasto, con quella pratica e quella esperienza.
Mi ricorda molto i tanti jazzisti che di Ornette Coleman prendono solo qualche tema dei primi dischi e lo usano come un canovaccio bop senza avere inteso nulla di quello che Coleman prova a condividere.
Nulla di che, eh, una volta che una musica è lì, ciascuno è libero di usarla come preferisce senza ledere maestà o intaccare filologie, si tratta solo di fare qualcosa di interessante e che crea dei livelli di dialogo con il materiale e il contesto di riferimento. O non farlo.
(Per me, ad esempio, Gaslini attiva un sacco di idee e possibili collegamenti)
https://youtu.be/Oi1uL-Sc480

loopdimare ha detto...

Mi sembra che Leitch tratti il tema come un qualsiasi standard, per cui si prescinde dall'oroginale, deccontestualizzandolo e magari non rispettandolo nella sua essenza, cosa che Gaslini non fa. Entrambi però fanno un'operazione abbastanza arbitraria: Gaslini sfida ogni logica nella sua Mission Impossible di conferire ad Ayler una classicità europea inesistente, e vince la sfida tradedendolo completamente. Diciamo che il suo disco dice tutto su Gaslini e pochissimo su Ayler.
Di Ayler e del suo profilo se ne frega anche Leitch che non fa nessuna operazione intellettuale: fa solo emerge il tema cantabile e popolare ripulito da tutte le scorie che lo rendevano unico.
Qui non c'era nessuna missione da raggiungere, c'è piacevolezza, ma il buonsenso quel giorno non era entrato in studio...

pippus ha detto...

Non sono molto d'accordo. Se hai freemen è concesso di trasformare gli standard appunto in brani free perché non può farsi l'operazione di trasformare brani free in pezzi più canonici?

pippus ha detto...
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