Nell’ultimo periodo, lo sentiamo per esempio in questo famoso concerto di Parigi del 1979, Bill Evans aveva modificato il suo stile; in parte si vuole fosse questa una conseguenza dell’uso di cocaina endovena, laddove la sua droga of choice era sempre stata l’eroina.
Tempi molto più veloci, una gran quantità di note, esecuzioni più «testurali», a densità variabile e a momenti grumose, un ricorso nuovo e frequentissimo alle note ribattute, un tocco più materiale e a momenti greve, voicing più stretti e, precipitato di tutto questo, una condotta ritmica ancora più mobile del consueto: poco curante delle stanghette di battuta, avanzava liquidamente fra l’inizio e la fine dei chorus, sempre mantenuti saldi, a velocità irregolare. Mirabile il contributo di Marc Johnson, appena venticinquenne, la cui intesa con il pianista appare perfino superiore a quella che aveva mostrato Scott LaFaro. Joe LaBarbera suona bene ma alla fine la batteria resta estranea al flusso musicale principale.
Beautiful Love (Young-King-Gillespie-Alstyne), da «The Paris Concert Edition Two», Warner Bros 7599-60311-2. Bill Evans, piano; Marc Johnson, contrabbasso; Joe LaBarbera, batteria. Registrato il 16 novembre 1979.
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Gary’s Theme (McFarland), id.
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6 commenti:
Hai aperto una nuova maniera di analizzare le esecuzioni, esaminando il tipo di droga assunta. Roba che se scrivi in fretta un libro, magari breve, ti fai i soldi...
Comunque aldilà delle battute, è vero che qui Bill sia più robusto e meno etero del suo cliché
etereo....
quella della cocaina credo sia nel libro di Pieranunzi
L'ho sentita confermare da diversi jazzisti.
C'è pure nel libro di Peter Pettinger (il quale, se ben ricordo, sostiene che la transizione alla cocaina da parte di Evans fosse stata accelerata dall'uso di metadone).
Allegria!
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