Paul Bley registrò questo disco di standard trent’anni fa. Trascorso il periodo, diciamo così, dell’apprendistato, Bley non aveva più affrontato questo repertorio ma il risultato convince proprio perché quella lunga lontananza gli aveva tolto dalle dita i molti cliché in cui inevitabilmente incappano anche i musicisti più grandi in pezzi suonati e risuonati tante volte, lungo tutta una vita.
Giova all’approccio anche la maniera pianistica di Bley, che è uno strumentista di notevole facilità naturale ma di tecnica non esercitata: in unione alla poca familiarità di ritorno con le canzoni, ciò conferisce un senso di relax, di non sciatta casualità, perfino a cavalli di battaglia sfiancati come Lover Man e All The Things You Are.
Gli accompagnatori fanno del loro meglio ma procedono su un binario irrimediabilmente diverso da quello di Bley, soprattutto Billy Hart, il cui modo di dividere il tempo e di sottolineare la struttura è molto lontano da quello del pianista.
Lover Man (Davis-Ramirez-Sherman), da «My Standard», SteepleChase SCS 1214. Paul Bley, piano; Jesper Lundgaard, contrabbasso; Billy Hart, batteria. Registrato l’8 dicembre 1985.
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All The Things You Are (Kern-Hammerstein II), id.
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1 commento:
quella finta casualità del sono qui per caso: il fascino di Paul.
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