Il jazz funkeggiante non è il genere di jazz che mi faccia sognare, ma se una cosa ho capito del jazz è che alla fine dipende tutto da chi suona o canta. Quando lo fa Charles Earland, che suona oltretutto uno strumento che mi attrae poco, va benissimo, perché è un musicista sincero, espressivo, con uno swing da una tonnellata e un gusto generalmente impeccabile in un genere (e su uno strumento) che facilmente vi si oppone.
Qui lo ascolti nei tardi anni Settanta su un disco dell’etichetta Muse di Joe Fields, della quale – e di altre contemporanee e assimilabili – ho detto poco tempo fa parlando di un altro musicista che è presente in questa front line agguerrita, Bill Hardman. Tutti suonano benissimo, ma gli assoli di Charles sono esaltanti per verve ritmica, estro e pura gioia.
Is It necessary? (Earland), da «Infant Eyes», Muse MR 5181. Bill Hardman, tromba; Frank Wess, sax tenore; Charles Earland, organo; Melvin Sparks, chitarra; Grady Tate, batteria; Lawrence Kilian, percussioni. Registrato nel 1978.
Infant Eyes (Shorter), id.
5 commenti:
"Infant Eyes" non funziona: fuorilegge! Il pezzo di Earland mi sembra molto datato, ma non è detto che questo sia sempre un difetto... Comunque, mette allegria.
Musicista solido e affidabile che sa dare quello che il pubblico vuole dall'organo: Musica fresca, divertente e senza grilli per la testa. Solo Larry Young ha provato ad andare oltre...
A suo modo ci provò anche Lonnie Smith, l'organista col turbante. Anni fa ho provato a proporlo qui sopra ma ho dovuto smettere dietro richiesta generale.
Peccato! A me Lonnie Smith piaceva...
Eh lo so, anche a me! Lo farò ritornare.
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