L’illustrazione la troveremo nel prossimo numero di Jazzit, entro l’articolo di Sergio Pasquandrea; certo mi pare che per Steve Lacy, allievo in musica e in Musikanschauung di Thelonious Monk, l’improvvisazione fosse un concetto che si allargava oltre i limiti pur vaghi ed elastici delle note.
In questo pezzo (spiega Lacy nelle note di copertina), la celesta fu usata semplicemente perché si trovava nella sala di registrazione. Il risultato è nuovo, inaudito e terrificante, un carillon implacabile e tenebroso. Il pezzo reca una dedica a Janis Joplin.
Hemline (Lacy), da «Straws», Cramps CRSLP 6206. Steve Lacy, sax soprano, celesta. Registrato nel 1976.
Download
1)
RispondiEliminapezzo in quella vena iterativa, effettivamente un po' ossessiva, che costituisce una delle cifr stilistiche di Lacy.
2)
"Straws" (il titolo del disco), stando a quanto racconta Lacy, era il modo in cui Cecil Taylor chiamava Strawinski.
3)
"Perché improvvisare? L'improvvisazione in sé non è nulla. Non mi colpisce. Per conto mio, non do valore all'improvvisazione per sé. Una grande improvvisazione o una grande composizione, per me sono ugualmente grandi. La musica deve soltanto essere buona. Non mi interessa com'è fatta. E credo che a gran parte del pubblico non freghi nulla chi stia improvvisando, e dove. Quello è per gli intenditori. È come in un ristorante: non ti interessa sapere che cosa c'è nel cibo, come è stato preparato esattamente, e così via. Mangi quella roba, e basta, ed è fantastica".
Steve Lacy (intervista per “Cadence”, 2004, realizzata nel 1988)
4)
ovviamente, grazie per il lancio pubblicitario... ;-)
(Jazzit di luglio è un po' in ritardo sulla tabella di marcia, ma sta per vedere la luce)