martedì 18 settembre 2012

[Guest Post #24] Sergio Pasquandrea & Bill Evans

 Sergio Pasquandrea illustra gli iuvenilia (quasi) di un autore molto vicino al suo cuore (Five è un «rhythm changes», cioè un pezzo basato sul giro armonico di I Got Rhythm).

 Per carità, tutti hanno i loro gusti.

 Non voglio certo negare l’altissimo valore delle ormai mitologiche sessioni al Village Vanguard del 1961 (che sono state, per inciso, uno dei miei primi viatici al jazz quando, sedici-diciassettenne innamorato di Debussy, muovevo incerto i primi passi in questa nuova musica). Però, se dovessi indicare una preferenza del tutto personale, direi che per me il Bill Evans migliore è quello della seconda metà del decennio precedente.

 Ascoltatelo qui, ad esempio, ventottenne, sotto la guida di Anthony Joseph Sciacca, in arte Tony Scott. Il suono, seppur già riconoscibile, è parecchio più secco e acidulo di quello della maturità, le linee dei fraseggi sono nervose, frammentate, modellate da una spigolosità di chiara matrice tristaniana. Certo, nulla voglio togliere alle distillazioni armoniche, al romanticismo macerato, alle instancabili ruminazioni delle ballad. Però, non dimentichiamoci che Evans fu anche maestro del ritmo, arrangiatore sapiente, virtuoso immacolato ma senza mai farsene troppo vanto.

 Insomma, ognuno ha i suoi gusti. Sui quali, come amava parodiare il mio professore di filosofia del liceo, a nessuno è lecito sputacchiare.

 (Per inciso, il capriccioso tema di Five venne usato spesso da Evans come firma sonora per chiudere i concerti. Questa è una delle rare occasioni in cui si può ascoltare il brano per esteso).

 Five (Evans), da «A Day in New York», Fresh Sound Records FSR-CD 333. Tony Scott, clarinetto; Bill Evans, pianoforte; Henry Grimes, contrabbasso; Paul Motian, batteria. Registrato il 16 novembre 1957.



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