lunedì 9 gennaio 2012

Guest Post #11: Gennaro Fucile & Ian Carr

  È l’anno nuovo e tornano con nuova lena i guest post nella figura del loro contributore più assiduo, il ciclopico Gennaro Fucile (no, non ha un occhio solo), che qui attende al suo grande amore, il jazzinglese che, come tutti sanno, è stato da lui inventato al principio degli anni Settanta, a Napoli.

  L'antologia «Elastic Jazz» citata da GF è una splendida antologia musicale, accompagnata da utilissime note in italiano e in inglese, che GF e Claudio Bonomi (lo zio del jazzinglese) hanno pubblicato pochi anni fa per la casa editrice Auditorium di Milano. Reperirne una copia è tutt’altro che facile, temo, ma vi incoraggio a provarci.

  Secondo i faziosi compilatori dell’antologia «Elastic Jazz», il 1970 è l’anno di nascita di quello che alcuni indicano come jazz inglese. La mamma è nota da sempre, non potrebbe essere altrimenti, è la musica afroamericana, mentre il padre è incerto, forse ignoto. Taluni suggeriscono che andrebbe cercato tra gli esuli sudafricani arruolati nella Brotherhood of Breath diretta da Chris McGregor, altri preferiscono attribuirne la paternità a qualcuno dei musicisti del giro del Little Theatre Club facente capo a John Stevens e Trevor Watts, artefici dello Spontaneous Music Ensemble, oppure agli ancor più radicali Derek Bailey e Evan Parker che lì si ritrovarono spesso. Fortemente sospette sono pure le botteghe musicali intestate a Graham Collier e Mike Westbrook, attive già dal 1967. C’è anche chi pensa che il papà si trovi dalle parti di Canterbury e fa i nomi dei componenti dei Soft Machine.

  Mah, resta tuttora da appurare come andarono davvero le cose. Fatto sta che nel 1970 videro la luce l’omonimo ellepì della Brotherhood of Breath, le prime uscite della intrasigente etichetta Incus di Bailey e Parker, «Third» della morbida macchina, e l’esordio dei Nucleus: «Elastic Rock».

  Nucleus fu un’invenzione e un cimento del trombettista Ian Carr che condusse l’impresa fino alla fine dei Settanta, ma la formazione di partenza non andò oltre il secondo album da cui proviene questa Song For The Bearded Lady. Qui si calca con maggior vigore sul pedale rock che nell’esordio, l’atmosfera è più torrida, Carr passeggia signorilmente in una selva di suoni elettrici, l’elastico è teso al massimo e… io nun capisco, ê vvote, che succede... e chello ca se vede, nun se crede! nun se crede!

  È nato nu criaturo…

  Song For The Bearded Lady (Jenkins) da «We’ll Talk About It Later», BGO CD47. Ian Carr, tromba, flicorno; Karl Jenkins, piano elettrico, oboe, sax baritono; Brian Smith, sax tenore, sax soprano, flauto; Chris Spedding, chitarra; Jeff Clyne, basso elettrico, contrabasso; John Marshall, batteria, percussioni. Registrato a Londra (Trident Studios) il 21 e 22 settembre 1970.



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